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venerdì 19 aprile, 2024

Incurvamenti Penieni

La curvatura del pene costituisce un problema molto più diffuso di quanto si pensi: un recente studio documenta che non meno del 7% dei maschi italiani è affetto da questa patologia. La curvatura può essere di tipo congenito, ovvero presente fin dalla nascita, oppure acquisita, solitamente conseguentemente ad un trauma del pene durante un rapporto sessuale o a una malattia del pene denominata Indurito Penis Plastica o malattia di La Peyronie.

INCURVAMENTI CONGENITI

Per quanto riguarda la curvatura congenita, essa si manifesta fin dall’età infantile, anche se la maggior parte delle diagnosi avvengono in età adolescenziale/adulta, in concomitanza dell’inizio dell’attività sessuale. La maggior parte dei pazienti affetti da curvatura congenita riportano una deformazione ventrale, solo raramente dorsale o laterale, e, cosa ancora più importante, tendono ad avere delle dimensioni, in termini di lunghezza dell’asta, decisamente superiori alla media. La curvatura congenita non evolve nel tempo, pertanto l’indicazione alla correzione chirurgica deve essere discussa e condivisa con il paziente, in relazione alla qualità dei rapporti sessuali ed eventualmente al disagio legato all’aspetto estetico dell’asta peniena.
Nel caso il paziente richieda una correzione dell’incurvamento congenito, le possibilità terapeutiche sono sicure, efficaci e rapide in mano a chirurgi esperti. La tecnica applicata viene denominata “corporoplastica” e consiste nel ridurre, tramite punti di sutura, la lunghezza del lato convesso (più lungo) dell’asta peniena, rendendola equivalente al lato concavo. In tal modo il pene risulterà perfettamente diritto, rendendo la penetrazione più agevole, così come l’aspetto estetico dell’organo. Sarà tuttavia necessario accettare un accorciamento del pene, che dipenderà dal grado di curvatura preoperatorio.

ospedale giglio incurvamenti penieni

INDURATIO PENIS PLASTICA O MALATTIA DI LA PEYRONIE

Si tratta di un’alterazione che colpisce i corpi cavernosi del pene (i due cilindri che, riempiendosi di sangue, consentono l’erezione) e che determina una progressiva sostituzione della loro naturale struttura di rivestimento, la tunica albuginea, normalmente molto elastica e resistente, con un tessuto fibroso, rigido. Ciò comporta una modificazione dell'aspetto del pene che risulta evidente durante l'erezione: la parte malata, infatti, non essendo più in grado di estendersi, produce una deformazione dell’asta.

Gli incurvamenti dorsali e laterali sono i più comuni ma, talvolta, questa malattia può presentarsi con una piega ventrale oppure con un “anello” costrittivo che deformerà il pene a forma di “clessidra”. In generale, il decorso naturale della malattia, determina un accorciamento progressivo del pene che perde gran parte del proprio volume e della sua elasticità.
A tutt' oggi non si conosce quale sia la causa iniziale che scatena la malattia, tuttavia le ipotesi sono: risposta auto-immunitaria su base ereditaria, micro-traumatismi.

Diagnosi: Purtroppo, nelle fasi iniziali, può manifestarsi solo una certa iper-sensibilità del pene e non sempre, alla palpazione, è possibile riconoscere un’alterata consistenza. Il dolore può essere presente ma non è una costante (2/3 circa dei pazienti). Solo successivamente, con l’avanzare della malattia, compare la deformazione del pene. In seguito, fasi di quiete si alternano a fasi di accelerazione, fino ad una “stabilizzazione” della malattia, con la formazione della cosiddetta “placca” che, nei casi più gravi, può raggiungere una consistenza ossea.

I tempi sono imprevedibili, perché variano da caso a caso: è possibile che si formino nuove placche, in altre zone del pene, con una modificazione continua della curvatura e talvolta anche con un raddrizzamento dell’asta (quando la malattia, diffondendosi, determini delle contro-trazioni).

L'interessamento del setto intercavernoso (la “spina dorsale” situata tra i due corpi cavernosi) comporta invece una retrazione diffusa dell' asta, più che un incurvamento o una deformità della stessa.

Terapia: Esistono diversi tipi di trattamento per questa patologia. Lo scopo primario è arrestarne lo sviluppo, essendo questa potenzialmente ingravescente nel tempo. Una volta individuata una zona di fibrosi, con l’esame obiettivo e con l’ecografia peniena, si può procedere quindi con diverse tecniche, in base alle esperienze del medico di fiducia.

  1. L’utilizzo di onde d’urto (ESWT) che hanno un’ottima efficacia specialmente sul sintomo dolore.
  2. L’utilizzo di farmaci per via orale, come gli inibitori delle fosfodiesterasi 5 che aumentano l’afflusso di sangue ai corpi cavernosi durante le erezioni spontanee notturne, nutrono il tessuto sano, arginando la fibrosi.
  3. L’utilizzo del Vacuum Device, che tramite gli esercizi di stretching dei corpi cavernosi, aiuta anche a far diminuire leggermente la curvatura.
  4. Iniezioni farmacologiche direttamente all’interno della placca. L’unico farmaco approvato dalla FDA per la cura intra-lesionale dell’IPP è la Collagenasi del Clostridium Histolyticum, in quanto è in grado di degradare le varie componenti del collagene che compongono la placca. Per tale ragione il farmaco viene utilizzato anche nella fase cronica dell’IPP.
  5. Iontoforesi: si tratta di una terapia fisica esterna non invasiva che permette al farmaco utilizzato di penetrare all’interno dei corpi cavernosi senza utilizzare aghi o altri mezzi invasivi.
  6. Una volta ottenuto l’arresto della patologia, il passo successivo è quello chirurgico, volto alla correzione della curvatura patologica ed all’asportazione della placca.

Testi a cura della dott.ssa Alessandra Giacalone

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