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venerdì 26 aprile, 2024

Tumorectomia al Giglio su paziente con rene a ferro di cavallo e aneurisma

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L'ospedale Giglio di Cefalù L'ospedale Giglio di Cefalù

INTERVENTO RARO E ALTO RISCHIO ESEGUITO DA EQUIPE MULTIDISCIPLINARE CON RIGATTI E VEROUX
PAZIENTE DIMESSO IN OTTIME CONDIZIONI. SALVAGUARDATA FUNZIONALITÀ RENALE

Un intervento quanto raro che complesso e ad altro rischio per l’insieme di patologie che interessavano lo stesso organo, nel caso specifico il rene, che per una malformazione congenita, si presentava a ferro di cavallo, è stato eseguito da un equipe multidisciplinare composta da urologi e chirurghi vascolari all’ospedale Giglio di Cefalù.
Nel paziente, 58 enne, d’origine siciliana ma residente da oltre quarant’anni nel milanese, i sanitari oltre ad aver verificato la presenza di un rene a forma di ferro di cavallo avevano diagnosticato un tumore e una cisti sul rene sinistro, un aneurisma dell’aorta addominale infiammatoria, posta nel punto di contatto tra i due reni (che disegnavano un ferro di cavallo) con anomalie vascolari renali multiple.
In una casistica di 50 mila interventi chirurgici eseguiti nella mia carriera – dice il professore Patrizio Rigatti, tra i padri dell’urologia italiana – questo è il primo caso di un paziente con più “malformazioni” in concomitanza in un solo organo”. “E’ stato pertanto necessario – ha aggiunto professore Pierfrancesco Veroux, chirurgo vascolare - pianificare una strategia preoperatoria molto precisa, per risolvere le patologie riscontrate e mirare al mantenimento della funzionalità renale. L’eccezionalità dell’intervento – afferma Veroux – sta, infatti, nella strategia conservativa”. Il paziente non dovrà andare in dialisi, entrambi i reni, che sono stati divisi, sono stati salvaguardati.
“Una perfetta compliance tra le due equipe – dicono Rigatti e Veroux – ha consentito il successo del risultato”. Il paziente è stato dimesso in ottime condizioni dopo pochi giorni di degenza.
“Rilevante – sottolineano i chirurghi – il supporto degli anestesisti, diretti da Giovanni Malta, sia durante l’intervento, durato 8 ore, in anestesia totale, che per il post operatorio, in terapia intensiva e in reparto”.
“Professionisti di alto livello, tecnologie, gestione dell’ammalato – rileva il direttore generale Vittorio Virgilio – sono oggi un mix perfetto in questo ospedale. La sinergia tra le unità operative ci consente di supportare un’importante quanto complessa attività operatoria”.
L’intervento è stato eseguito in due fasi successive. In breve, nella prima parte gli urologi hanno effettuato una resezione parziale del rene contenete la neoformazione e successivamente separato i due reni permettendo così all’equipe vascolare di poter accedere al sottostante aneurisma, la cui parte più dilatata, di circa 12 centimetri, era estesa sino alle arterie iliache.
“”In pratica – spiega Rigatti – le arterie del rene sano, quello di destra sono stata staccate dall’aneurisma, come avviene per i trapianti, e attaccate sulla protesi aorto bisiliaca. Per qualche ora il rene destro è rimasto senza apporto sanguigno, mentre è stata mantenuta la funzionalità del rene sinistro dove è stato eliminato il tumore e la ciste di 5 centimetri”.
I vascolari a questo punto, oltre al trattamento del voluminoso aneurisma della aorta addominale, hanno ricostruito tre vasi renali che nascevano direttamente dal tratto aneurismatico della aorta. Un passaggio, ritenuto dai sanitari, ad alto rischio per il mantenimento della funzionalità renale.
“A tal fine – evidenzia il professor Veroux – è stata impiegata una tecnica operatoria di protezione del parenchima renale con la perfusione di soluzione a quattro gradi, raffreddamento esterno al rene e soprattutto una rapidità di esecuzione della ricostruzione vascolare (anastomosi)”.
Il paziente è stato dimesso dopo dieci giorni con i parametri nella norma. Il decorso post operatorio, è stato caratterizzato da una ripresa immediata della funzione renale, senza la necessita di ricorrere a sedute dialitiche.
In sala operatoria con Rigatti e Veroux hanno collaborato Salvino Biancorosso, Giuseppe Salamone e Alessia Giaquinta.
In occasione della visita di controllo il paziente ha voluto pubblicamente ringraziare i medici del Giglio. “E’ stata un’ottima esperienza. Sono arrivato a Cefalù – dice il paziente Salvatore B. - attratto dalla buona nomea dell’ospedale. Mi avevano detto che era al top. Mi sono fidato e, da Milano dove vivo dal 1961, praticamente da bambino, sono tornato, in un momento difficile della mia vita, nella regione natale”.
Il direttore sanitario Giuseppe Ferrara si è detto soddisfatto per i risultati clinici raggiunti dall’ospedale di Cefalù sottolineando “l’alta professionalità dei chirurghi che operano al Giglio”.

20 vl/com 2015


Letto 4293 volte Ultima modifica il Giovedì, 01 Ottobre 2015 15:16
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La Fondazione Istituto San Raffaele G. Giglio di Cefalù, oggi Fondazione Istituto G. Giglio di Cefalù, veniva istituita il 17 gennaio del 2003 attraverso una joint venture tra la Regione Siciliana, il Comune di Cefalù, l'Azienda USL 6 di Palermo, oggi Asp, e la Fondazione San Raffaele del Monte Tabor di Milano. Rappresentava uno dei primi modelli in Italia di sperimentazione pubblica-privata per la gestione di un ospedale pubblico, secondo quanto previsto dall'articolo 9 bis della legge n. 502 del 1992.

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